Criptovalute e riciclaggio: arrestato Molina Lee

Nella battaglia in atto ormai da anni tra fautori e detrattori delle criptovalute, uno degli argomenti portati a sostegno della propria causa dai secondi verte sul fatto che le monete virtuali vadano in fondo a costituire un eccellente strumento a disposizione di tutti coloro che abbiano intenzione di ripulire i soldi provenienti da attività illecite.
Una discussione la quale rischia di essere nuovamente incendiata dalla notizia proveniente dalla Polonia, relativa all’arresto di Ivan Manuel Molina Lee, presidente di Crypto Capital. Andiamo quindi a vedere di cosa si tratti e perché potrebbe avere ripercussioni sulla diatriba.

L’arresto di Molina Lee

La polizia polacca, su input della procura di Breslavia, ha proceduto all’arresto di Ivan Manuel Molina Lee, presidente di Crypto Capital, una società che ha eletto come domicilio fiscale Michałowice. A riferire la notizia è stato wPolityce.pl, affermando che l’arresto sarebbe stato eseguito in Grecia, da dove l’uomo d’affari sarebbe poi stato condotto a Varsavia con un aereo militare. La stessa procura ha anche proceduto alla confisca di circa un miliardo e mezzo di Zloty polacchi (quasi 400 milioni di dollari), depositati in una banca di Skierniewice. L’accusa elevata verso Molina Lee è riciclaggio di denaro proveniente da alcuni cartelli del narcotraffico colombiano. Il riferimento temporale è ad alcune operazioni intraprese tra il 2016 e il 2018, che hanno visto come strumento proprio Crypto Capital.

La vicenda Bitfinex

La vicenda di Crypto Capital si era incrociata nelle ultime settimane con quella di Bitfinex, exchange che era entrato in notevoli difficoltà a causa del sequestro di 850 milioni di dollari da parte delle autorità polacche. Un sequestro che aveva creato un vero e proprio buco nelle disponibilità di Bitfinex e portato a compimento la sua crisi in margine alla causa che ha visto coinvolti Reginald “Reggie” Fowler, ex co-proprietario della squadra NFL dei Minnesota Vikings, e l’israeliano Ravid Yosef, accusati dal Southern District di New York (SDNY) del coinvolgimento in una serie di frodi bancarie.

Cosa sta accadendo a LocalBitcoins?

La vicenda in questione rischia di andare a riattizzare l’annosa discussione sull’utilità delle criptovalute ai fini dell’economia criminale. Anche perché va ad intersecarsi con un’altra notizia di non poco conto, quella relativa al calo di scambi sulla piattaforma LocalBitcoins, dopo che il primo giorno di ottobre è scattato l’obbligo relativo alla verifica dell’identità di tutti gli utenti che la utilizzino per operazioni in monete virtuali. Un obbligo derivante dal fatto che la società è di stanza in Finlandia e, di conseguenza, sottoposta alle direttive europee in tema di riciclaggio.
Proprio questa vicenda, però, sembrerebbe togliere terreno sotto ai piedi di coloro che collegano asset digitali e riciclaggio. In fondo, se si accettasse la tesi che gli scambi venuti a mancare su LocalBitcoins sono proprio quelli tesi a riciclare soldi sporchi, si dimostrerebbe la facilità di contrastare il fenomeno regolando in maniera trasparente le transazioni. Come affermano del resto da lungo tempo i fautori delle criptovalute e tutti coloro che si stanno dedicando allo sviluppo di un settore che potrebbe avvantaggiarsi non poco da una maggiore trasparenza.