I consumi per il mining di Bitcoin continuano ad aumentare

I consumi per il mining di Bitcoin continuano ad aumentare - cripto mining

Tra i temi che stanno assumendo importanza sempre maggiore per quanto riguarda le criprovalute, c’è anche quello relativo ai consumi necessari per il mining, ovvero l’attività di calcolo su cui si basa l’estrazione dei token. Per cercare di capirne meglio il rilievo basterà ricordare come molte aziende impegnate nel settore stiano cercando siti dislocati in Paesi ove l’energia elettrica costa meno, ad esempio la Bulgaria o la Cina, e che in Iran il governo centrale ha vietato l’erogazione di energia alle farm, cui è stata addossata la colpa del notevole aumento di consumi energetici registrati nel Paese nel corso degli ultimi mesi, un +7% tale da spingere al blocco delle forniture in attesa di ridefinire il prezzo da applicarvi.

Quanto consuma la rete Bitcoin?

La discussione relativa al mining, si è riaccesa nel corso degli ultimi giorni, in concomitanza con l’arrivo di uno studio redatto dall’analista Willy Woo, all’interno del quale è contenuto un dato il quale ha destato una certa sensazione: la rete su cui si appoggia Bitcoin consuma circa 70 TWh all’anno. Per capire meglio il dato va ricordato come esso sia esattamente pari al consumo annuo dell’intero web stimato nel 2016, il quale può essere dedotto da un articolo pubblicato all’epoca da Forbes.
Va naturalmente ricordato come i consumi dei due network siano dovuti a cause ben diverse: il mining, infatti, vede la maggior parte degli stessi derivare dalle farm in cui si procede alle operazioni di calcolo da cui proviene l’estrazione di BTC, mentre il web deve il dato complessivo alle esigenze delle server farm sparse per il mondo, alle infrastrutture di rete, siano esse wireless o cablate, e alla grande quantità di dispositivi connessi, oltre che ad altri fattori di varia natura.

Lo studio dell’Università di Cambridge

Il report di Willy Woo fa seguito ad un altro studio di qualche settimana fa, quello redatto dai ricercatori dell’Università di Cambridge. Secondo il CBECI (Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index), un tool online che è stato lanciato proprio con il fine di ‎riuscire a stimare in tempo reale la quantità di energia necessaria per mantenere la rete Bitcoin e calcolarne il consumo annuale, l’assorbimento medio costante si attesterebbe sui 7 GW, dando vita ad un consumo annuale di circa 64,15 53,81 TWh (Terawattora). Una quantità superiore a quella necessaria a Paesi come la Svizzera, l’Austria e la Colombia, oltre che in costante progresso, tanto da seminare molti dubbi sulla sostenibilità ecologica del BTC anche in relazione alla sua effettiva utilità. Va infatti ricordato come le transazioni che vedono protagonista la regina delle criptovalute sono circa 100 milioni all’anno, una inezia a fronte delle circa 500 miliardi prodotte dalla finanza tradizionale.
Va comunque anche ricordato come la maggior parte dell’energia in questione provenga dalle fonti rinnovabili e che ad alleviare la situazione sul fronte del Bitcoin nel corso degli ultimi anni sono arrivati nuovi ASIC sempre più efficienti, fra cui gli ultimi Bitmain Antminer S17 ed S17 Pro, che hanno dato buoni risultati in termini prestazionali, i quali potrebbero giovarsi di ulteriori sviluppi in tal senso.