Il mining è realmente un pericolo per l’ecosistema?

Il mining è realmente un pericolo per l’ecosistema? - bitcoin farm

Le criptovalute sono oggetto di una serrata discussione ormai da anni, tanto da dividere l’opinione pubblica in due partiti fieramente contrapposti. Da una parte chi ritiene che esse possano non solo costituire un ottimo viatico per transazioni online più sicure e rapide, ma anche un elemento in grado di agevolare l’inclusione finanziaria di chi oggi non possiede strumenti di questo genere. Dall’altro lato della barricata si pone invece chi ritiene il Bitcoin e le sue sorelle una vera e propria truffa, oltre che un possibile strumento per l’economia criminale.
Rimane invece sullo sfondo un altro tema cruciale connesso agli asset digitali, ovvero quello della loro sostenibilità da un punto di vista ambientale. Un problema che dovrebbe invece essere affrontato in maniera organica, proprio alla luce delle notizie allarmanti che arrivano al riguardo.

Il mining contribuisce al surriscaldamento globale?

Negli ultimi mesi è tornato al centro della discussione politica il tema del surriscaldamento globale. Una discussione tornata di attualità dopo lo sciopero per il clima propagandato da Greta Thunberg, proprio con il fine di denunciare la pericolosità di un modo di vita che sta rapidamente portando il pianeta verso un punto di non ritorno.
In questa ottica, il problema rappresentato dalle criptovalute da un punto di vista finanziario, ovvero il loro attacco allo Status Quo monetario, è destinato a lasciare il campo a quello di ben più ampia portata legato al fatto che proprio i processi legati alla creazione di monete virtuali possono tramutarsi in un attacco di non poco conto all’ambiente. Il mining, infatti, comporta richieste energetiche elevatissime, come ben sa del resto chi si dedica all’attività.

Lo studio dell’università delle Hawaii

A ricordare la dispendiosità energetica del mining è stato di recente uno studio dell’università delle Hawaii che è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature Climate Change. Secondo i ricercatori che lo hanno redatto, entro il 2033 le attività di estrazione dei Bitcoin e delle ormai migliaia di divise virtuali che affollano il panorama di settore, potrebbero far salire la temperatura globale di due gradi centigradi. Se lo studio usa il condizionale è soltanto dovuto al fatto che ancora non è possibile sapere se le criptovalute potranno diffondersi con la stessa rapidità di altre tecnologie. Per effetto di questo apporto, i limiti fissati a livello internazionale dall’accordo di Parigi potrebbero essere sforati, vanificando anni e anni di discussioni ai più alti livelli.

Il mining si sta rivelando una vera e propria idrovora

Per capire la rilevanza del problema, occorre ricordare come secondo Arvind Narayanan, esperto di Computer Science dell’università di Princeton, la produzione dei Bitcoin e delle altre monete virtuali è sempre più energivora, tanto che ormai l’1% della produzione mondiale di elettricità verrebbe utilizzata a questo scopo.
Un dato confermato anche dal Bitcoin Energy Consumption Index di Digiconomist, secondo il quale la produzione di monete virtuali comporta un consumo di elettricità superiore a quello della maggior parte delle singole nazioni mondiali. Sempre in base a questo rapporto, una singola transazione in Bitcoin comporterebbe l’utilizzo di un quantitativo di elettricità sufficiente ad alimentare 10 case statunitensi.