La banca centrale indiana invitata a riconsiderare la sua posizione sulle criptovalute

Uno dei fattori che può avere notevole incidenza sulle quotazioni delle criptovalute è l’atteggiamento della politica verso uno strumento che sin dagli esordi è stato visto con notevole sospetto. Una sorta di pregiudizio del resto abbastanza comprensibile, alla luce del fatto che uno dei tratti distintivi delle criptocurrency è la decentralizzazione.
Se il Venezuela ha optato addirittura per il varo di un suo progetto, il Petro, con l’evidente intento di bypassare le difficoltà finanziarie create dall’embargo statunitense e dalle continue svalutazioni della sua divisa ufficiale, l’India è invece uno dei Paesi che sinora hanno adottato la linea dura verso le criptovalute. E’ stata la banca centrale, Reserve Bank of India, ad interpretare con particolare forza questo atteggiamento verso le divise virtuali, imponendo una serie di paletti sempre più rigidi.
Una politica che ha spinto molte aziende impegnate nel settore, a partire da ZebPay, a trasferire le proprie sedi operative in Paesi forniti di una legislazione più favorevole, in questo caso Malta, pur continuando ad operare nel popoloso stato asiatico.
Un atteggiamento che non è stato mai modificato, se solo si pensa come ormai da mesi si rincorrano rumors relativi ad una ulteriore stretta, tale da condurre praticamente all’ostracismo verso tutto ciò che abbia a che fare con le criptovalute. Voci del resto avvalorate da un report pubblicato alla fine di aprile, in cui si adombrava l’ipotesi di una prossima messa al bando integrale delle divise virtuali.

Le richieste di Nasscom

In un quadro così problematico per Bitcoin e le sue sorelle, occorre però registrare la posizione assunta da Nasscom, associazione che vede la presenza delle più importanti aziende ed istituzioni legate al mondo dell’IT. Una vera e propria Trade Union cui è affidato il compito di rappresentanza verso il mondo politico, la quale ha deciso di riaprire la questione, facendosi interprete delle esigenze di un mondo che evidentemente guarda con estremo interesse alle divise digitali, ritenendole la possibile risposta ad esigenze reali e non un mero strumento speculativo.
Secondo The Economic Times, che ne ha dato notizia il 16 maggio, proprio Nasscom si sarebbe posto alla guida di un composito fronte che si propone di mutare gli indirizzi della banca centrale indiana. In particolare la richiesta elevata dai proponenti sarebbe quella di includere i prodotti collegati alle divise digitali nel suo sandbox normativo, ove è stato deciso di testare la tecnologia blockchain, ma non le criptovalute, le ICO e gli exchange. Una decisione che del resto è stata criticata anche dal Consiglio per i Pagamenti dell’India, secondo cui sarebbe complicato raggiungere risultati probanti in termini di innovazione proprio a causa del vero e proprio buco causato da un orientamento di questo genere.

L’India punta molto sull’hi-tech

Va peraltro sottolineato come proprio l’India abbia puntato negli ultimi anni con estrema forza sull’innovazione, facendo leva sulla presenza di istituzioni universitarie ormai riconosciute a livello planetario e in grado di fornire e formare il materiale umano in grado di dare ulteriore spinta all’hi-tech.
Un tessuto formativo che si mixa alla presenza di molte realtà piccole o medie che non hanno le risorse necessarie per poter spostare il proprio centro gravitazionale fuori dai confini nazionali. Molte di queste startup hanno immediatamente mostrato grande interesse per la realtà della blockchain, vista come il possibile volano per una possibile crescita nel futuro. Proprio queste imprese sono le più interessate ad una revisione della linea dura portata avanti sinora dal governo indiano e guardano quindi con grandi speranze alla mossa di Nasscom.