Malta, la Blockhain Island può diventare ambiente ideale per i crimini legati alle divise virtuali

Malta è considerata la Blockchain Island da tutti coloro che operano nel settore delle criptovalute. Una definizione dovuta in particolare al fatto che proprio l’isola è stata la prima al mondo a fornire un quadro legale alle criptovalute. In particolare sono stati tre progetti di legge approvati nel 2018 a permettere a Malta di profilarsi come un vero e proprio paradiso per le tante aziende impegnate nel settore degli asset digitali, ovvero il Malta Digital Innovation Authority Act, l’Innovative Technological Arrangement and Services Act e il Virtual Financial Asset Act. Una mossa giustificata dal Premier maltese, Joseph Muscat, come il passo decisivo verso l’affermazione di una nuova economia in cui le divise digitali sono destinate ad assumere la funzione di vero e proprio denaro. 
A rendere ancora più chiari gli intenti del governo maltese, nella metà dello stesso anno il Ministro dei trasporti aveva annunciato una partnership con la società britannica Omnitude, nata con l’intento di rivoluzionare il settore proprio tramite l’utilizzo della tecnologia Blockchain.
Una serie di iniziative che hanno attirato l’attenzione di una lunga lista di aziende del settore, a partire da Binance, sempre molto attento ad iniziative governative potenzialmente favorevoli al mondo delle monete digitali.

L’allarme dell’Unione Europea

Il nuovo quadro normativo approntato da Malta, però, ha provocato non poche preoccupazioni nell’UE, in linea del resto con i moniti arrivati a più riprese dalla Banca Centrale Europea.
E’ stato il portale d’informazione Malta Today a pubblicare un articolo in cui si afferma che le istituzioni continentali avrebbero chiesto al governo di La Valletta un potenziamento delle risorse sinora messe in campo nell’opera di contrasto ai crimini finanziari. Una necessità resa ancora più acuta proprio dalla crescente popolarità riscossa dalle criptovalute nell’isola, ove hanno trovato rifugio molte delle aziende operanti negli asset digitali. In particolare l’UE nelle sue raccomandazioni agli Stati membri ha chiesto a Malta di adottare norme antiriciclaggio in grado di rivelarsi realmente efficaci contro le attività tese al lavaggio di capitali sporchi che sono uno dei logici corollari alla possibilità di anonimato connessa all’utilizzo di cryptocurrency.
Va peraltro sottolineato come la stessa UE abbia giudicato assolutamente insufficienti gli organici su cui può contare l’Unità per i Crimini Economici della polizia, proprio in considerazione dell’entità del fenomeno e del compito cui essa è chiamata.

Un giudizio condiviso dalle banche maltesi

L’allarme lanciato dall’UE cade in un momento molto particolare. Nel marzo di quest’anno, infatti, il Times of Malta aveva pubblicato una notizia secondo la quale le aziende Blockchain avrebbero trovato notevoli difficoltà ad aprire conti bancari. Una notizia che era stata confermata da studi legali e aziende finanziarie consultate dal giornale, i quali avevano affermato che il comportamento degli istituti bancari era dovuto al fatto che le imprese legate agli asset digitali presenterebbero un profilo di rischio troppo elevato.
Era poi stato Silvio Schembri, Segretario parlamentare per i servizi finanziari, a precisare che alcune banche si erano dichiarate favorevoli ad aprire conti per le società del settore blockchain, ma non per quelle a loro volta operanti con le criptovalute, precisando inoltre come sarebbe assolutamente opportuno fare una chiara distinzione tra i due tipi di aziende.

L’attivismo di Malta

L’attivismo di Malta nella promozione delle criptovalute, è stato poi confermato alla fine del 2018, quando l’isola ha partecipato con un ruolo di primo piano alla stesura di una dichiarazione congiunta con altri 6 Paesi dell’area (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Cipro e Grecia) in cui si affermava l’intenzione di promuovere una regolamentazione dell’uso della tecnologia Distributed Ledger Technology (DLT) nella regione. Una promozione derivante dalla convinzione che proprio questa tecnologia potrebbe rivelarsi preziosa per le economie dei Paesi coinvolti.
In particolare, il documento citava tra i settori che potrebbero beneficiarne l’istruzione, i trasporti, la mobilità, le spedizioni, il catasto, i servizi doganali, il registro delle imprese e l’assistenza sanitaria. Inoltre la Blockchain potrebbe rivelarsi decisiva al fine di erigere barriere in grado di proteggere in maniera più stringente la privacy dei cittadini e rendere più efficienti le procedure burocratiche.
Il dinamismo mostrato dal governo maltese, è peraltro osservato con notevole curiosità proprio dalle imprese dei Paesi che hanno sottoscritto questa dichiarazione. A partire dall’Italia, ove un recente report promosso dal Ministero dello sviluppo ha reso noto come nel nostro Paese sia in atto un vero e proprio boom di startup caratterizzate da un background tecnologico. Aziende che, senza una struttura sulla quale fare affidamento e un ambiente confortevole in cui svilupparsi, potrebbero ben presto iniziare a guardarsi intorno. Considerato come già imprese di grande rilevanza abbiano fatto rotta verso Malta, sono molti gli osservatori pronti a scommettere su una loro partenza verso l’isola nel caso in cui il nostro Paese non riesca a varare nel giro di pochi mesi una regolamentazione in grado di sostenerne in maniera concreta lo sviluppo.