Secondo l’UE la blockchain potrebbe essere monopolizzata da una elite digitale

Secondo l’UE la blockchain potrebbe essere monopolizzata da una elite digitale - tecnología blockchain

Come è noto, uno dei principi cardine delle criptovalute è la voglia di scardinare i santuari finanziari e aumentare l’inclusione economica di chi oggi è escluso dal godimento di strumenti come un semplice conto corrente bancario. Un sogno che però potrebbe tramutarsi nel suo opposto, almeno stando a quanto affermato dal CESE (Comitato economico-sociale europeo) nell’ambito di una relazione sulla tecnologia blockchain che dovrebbe costituire motivo di riflessione proprio per chi vorrebbe fare degli asset digitali un veicolo di maggiore democrazia.

Cosa afferma il CESE

Prestare la dovuta attenzione per cercare di impedire che la tecnologia blockchain si trasformi nello strumento di una “elite digitale”: questa è la raccomandazione più importante contenuta nel rapporto elaborato dal CESE, organo consultivo dell’UE in cui sono chiamati ad esprimere il loro parere rappresentanti delle organizzazioni dei lavoratori, dei datori di lavoro e di altri gruppi d’interesse.
Ove infatti ciò accadesse, si formerebbe una vera e propria aristocrazia tecnologica in grado di fare e disfare a suo piacimento. Se il fatto che a lanciare l’allarme sia quell’Unione Europea che è accusata da milioni di cittadini del vecchio continente di essere lo strumento di oligarchie economiche e finanziarie può sollevare ironia, occorre comunque riconoscere la sua fondatezza, alla luce di una annosa questione, quella rappresentata dal gap digitale.

Cos’è il gap digitale

Per gap digitale si intende il divario che viene a formarsi fra coloro che sanno utilizzare al meglio le nuove tecnologie info-telematiche e le persone che, invece, hanno grandi difficoltà nel padroneggiarle. Per capire meglio il concetto, va ricordato che in pratica la sua applicazione porta alla suddivisione delle persone in tre categorie sulla base di come esse vivono l’irruzione della tecnologia informatica nella loro esistenza:
1) “negati digitali”, coloro che non usano dispositivi tecnologici e non palesano la minima intenzione di farlo;
2) “immigrati digitali”, gruppo che vede la presenza di chi si è approcciato con le nuove tecnologie digitali in età adulta, per una necessità che si è poi trasformata in passione, accettando quindi i vantaggi che esse sono in grado di assicurare, trasformandole così in una risorsa;
3) “nativi digitali”, quelli che sin da piccoli entrano in contatto con le nuove tecnologie diventandone utilizzatori di buon livello.

Secondo il CESE occorre cambiare direzione di marcia

La soluzione per impedire una deriva oligarchica che andrebbe in pratica a vanificare le potenzialità della blockchain, secondo il CESE,  non può che passare attraverso l’abbandono della chiusura sin qui portata avanti su input del governo francese, coinvolgendo nei processi decisionali  la società civile, in particolare facendola partecipare attivamente alle due commissioni varate nel febbraio del 2018, ovvero all’Osservatorio blockchain e al Partenariato europeo sulla blockchain.
Soprattutto l’accesso di tutti a questa tecnologia è considerato molto importante dal CESE, al fine di rendere possibile l’effettiva capacità di inclusione delle applicazioni blockchain. Continuare a considerare i computer come strumenti da utilizzare senza capirne il funzionamento va esattamente nella direzione opposta e proprio per questo motivo occorre puntare sulla formazione eliminando sul nascere pericoli che si formino aristocrazie tecnologiche in grado di monopolizzare la blockchain.