Criptovalute, il Venezuela chiude due exchange

Criptovalute, il Venezuela chiude due exchange. Decisione preannunciata, e non priva di ripercussioni operative per il Paese.

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Dopo qualche settimana di lontananza, torniamo ad occuparci del Venezuela, uno dei Paesi più attivi sul fronte criptovalutario, anche grazie al lancio della sua personalissima Petro, la prima valuta digitale collegata al petrolio.

L’occasione di questo ritorno mediatico ci è offerta dal governo del Paese, che ha assunto provvedimenti contro due operatori exchange di criptovalute attivi nel Paese, e che permettono (permettevano!) ai clienti di scambiare criptovalute e bolivar (la valuta nazionale) e inviare rimesse all’estero.

Operazione Paper Hands

“L’operazione Paper Hands” del governo venezuelano è entrata in una nuova fase questa settimana con lo smantellamento di 3 operatori illegali: Intercash, Rapidcambio e Airtm” – ha dichiarato il procuratore generale del Paese, Tarek William Saab, che ha descritto Operation Paper Hands come la più grande procedura anti-contenzioso nella storia del Paese. Finora sono state già arrestate 112 persone, di cui 107 già coinvolte in sede di tribunale.

Ancora, Tarek William Saab ha precisato come l’operazione “cerca di agire contro le persone e le società che si sono macchiate di appropriazioni indebite, [e] della diffusione di false informazioni sul tasso di cambio”, aggiungendo che “sono stati congelati 1.382 conti bancari per una somma superiore a 711.967 milioni di bolivar [circa 10,6 milioni di dollari]”.

Dei tre exchange summenzionati, Airtm supportava la conversione di zcash, bitcoin, bitcoin cash, ether, ripple, litecoin, monero, dogecoin e tether. Rapidcambio permetteva ai clienti di scambiare e inviare rimesse usando bitcoin, ether, denaro bitcoin, dash, litecoin e ripple.

Il Venezuela chiude due exchange di criptovalute

In particolare, Saab ha osservato che questi exchange operavano mediante siti web registrati all’estero, nonché account Twitter e altri social network, aggiungendo che utilizzavano conti bancari internazionali negli Stati Uniti, in Cile, Ecuador e Panama. Il giro di vite, quindi, riguarda solo le loro operazioni in Venezuela.

Ha poi elaborato che le attività di tali exchange erano contraddistinte dalla possibilità di ricevere depositi in contanti o effettuare trasferimenti, convertendo le valute con tasso di cambio irreale e sconveniente per gli utenti. Il procuratore ha altresì aggiunto di aver “parlato con il Presidente della Repubblica per creare nuovi centri di detenzione per questi criminali”.

“Voglio che qualcuno mi spieghi come nel settembre del 2017 un dollaro potesse costare 15.000 bolivar, a dicembre 100.000 bolivar, nel gennaio di quest’anno 200.000 bolivar e alla fine di marzo 500.000 bolivar” – ha poi rincarato la dose Saab.