La verifica obbligatoria dell’identità su LocalBitcoins sta frenando gli scambi

Il primo giorno di ottobre, LocalBitcoins, la nota piattaforma di scambi P2P, ha provveduto ad introdurre una modifica di non poco conto. Ha cioè reso obbligatoria la verifica dell’identità per tutti gli utenti che abbiano intenzione di scambiare BTC, con l’evidente intento di rendere sempre più trasparenti le operazioni che avvengono sulla sua rete.
Quale è stata la reazione degli utenti? Non proprio positiva, anzi, se si pensa che nel periodo trascorso da questa innovazione LocalBitcoins ha fatto registrare un calo che ha raggiunto il 25% dopo la prima settimana. Se nei primi sette giorni gli scambi avevano varcato la soglia dei 6mila, nelle settimane successive si sono attestati intorno ai 4500. Prendendo come riferimento il totale di valore scambiato, il calo risulta ancora più marcato, considerato come il volume settimanale sia passato da più di 60 milioni di dollari statunitensi a meno di 40.

Quali sono i controlli introdotti su LocalBitcoins?

I controlli che sono stati aggiunti sulla piattaforma sono la verifica dell’identità dell’utente (KYC) e quelli relativi all’antiriciclaggio (AML). In pratica chi non completa le procedure previste può in teoria caricare gli ordini di acquisto, ma non è in grado di completarli in quanto sprovvisto di un indirizzo Bitcoin. L’unico modo per aggirare questa restrizione consiste appunto nella verifica dell’identità. Il problema non si pone tanto nei Paesi più avanzati dal punto di vista tecnologico, dove può al massimo provocare qualche fastidio introducendo ulteriori step da bypassare, ma rischia di essere esiziale in quelli in via di sviluppo o dove comunque non esistono indirizzi fisici precisi.

Perché è stata introdotta la verifica obbligatoria dell’identità?

Il motivo che ha spinto LocalBitcoins ad introdurre le novità deriva dal fatto che la società che gestisce la piattaforma è di stanza in Finlandia. Quindi deve necessariamente rispondere alle normative imposte dall’Unione Europea in tema di antiriciclaggio, una materia di cui la verifica obbligatoria dell’identità degli utenti è parte integrante.
Il nuovo iter procedurale, però, rischia di risultare indigesto a chi delle monete virtuali apprezza soprattutto la possibilità di godere dell’anonimato. Va però specificato che il problema non si pone in relazione alle criptovalute, bensì nel momento del loro scambio in divise fiat, per le quali il tutto deve avvenire nella massima trasparenza, proprio per evitare che il Bitcoin possa trasformarsi in uno strumento per l’economia criminale.
Chi preferisce alti livelli di privacy aveva sino ad ottobre trovato terreno fertile in procedure con specifiche criptovalute piuttosto che con altre, in strumenti appositamente studiati per elevare una sorta di rete protettiva intorno alla propria identità e tecniche come il mascheramento del proprio indirizzo IP al fine di impedire l’associazione di una transazione al dispositivo da cui è stata effettuata. Il venire meno della privacy assicurata, ha spinto molti utenti ad abbandonare LocalBitcoins, con un impatto per ora molto forte sui volumi di scambio. Resta ora da capire se con il tempo questa fetta di utenza si rassegnerà alla nuova situazione o se invece persisterà in questo atteggiamento, che per la piattaforma potrebbe comportare un calo notevole di utili e fatturato.

Dario Marchetti

Sono laureato in Lettere e Filosofia alla Sapienza di Roma, con una tesi sul confine orientale d'Italia alla fine della Prima Guerra Mondiale. Ho collaborato con svariati siti su molte tematiche e guidato il gruppo di lavoro che ha pubblicato il CD-Rom ufficiale della S.S. Lazio "Storia di un amore" e "Storia fotografica della Magica Roma".

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