Bitcoin, Brexit e altre crisi potrebbero sospingerne la quotazione verso l’alto?

Bitcoin, Brexit e altre crisi potrebbero sospingerne la quotazione verso l’alto? - Bitcoin in un portafogli

Molti analisti sono concordi nel ritenere molto probabile una vera e propria esplosione per la quotazione del Bitcoin, nei prossimi mesi. Se Anthony Pompliano si spinge addirittura a vaticinare lo sfondamento di quota 100mila dollari entro il 2021, molti altri hanno comunque affermato di attendersi una notevole crescita della regina delle criptovalute. Un pronostico che del resto si fonda su condizioni politiche le quali sembrano spingere con notevole forza in questa direzione.

La Brexit di Boris Johnson

Il primo e più potente fattore di crisi, nella politica globale, è rappresentata dalla Brexit. L’avvento di Boris Johnson alla guida dei conservatori e del Regno Unito ha infatti posto le premesse per una fuoriuscita hard del Paese dall’Unione Europea, ovvero senza un preventivo accordo. Ove ciò accadesse, e il momento si avvicina sempre di più, potrebbe verificarsi un trauma molto grave per l’eurozona, che si aggiungerebbe alla formazione di un asse anglosassone il cui scopo principale sarebbe proprio l’indebolimento dell’unione continentale. Considerato come il momento dell’hard Brexit si avvicini, non è difficile prevedere che un BTC considerato ormai alla stregua di bene rifugio da un numero sempre maggiore di investitori potrebbe schizzare verso l’alto già entro la fine dell’anno in corso.

La crisi italiana

Nelle ultime ore è scoppiata un’altra crisi che potrebbe avere notevoli conseguenze su un’Unione Europea già alle prese con la Brexit. Il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, ha infatti deciso di staccare la spina al governo guidato da Giuseppe Conte. In tal modo ha aperto una crisi di cui è difficile intravedere la soluzione, considerato come il Parlamento uscito dalle ultime elezioni non abbia una maggioranza chiara, tanto da dover ricorrere ad un governo di coalizione tra forze estremamente diverse come M5S e Lega. Una crisi che peraltro potrebbe continuare ancora per mesi, prima di trovare una soluzione o di sfociare in un ritorno alle urne il quale potrebbe rivelarsi non risolutivo, considerato come la legge elettorale in vigore renda complicato indicare un chiaro vincitore.

La crisi spagnola

Mentre l’Italia si ritrova all’improvviso esposta ai venti della crisi, un altro grande Paese mediterraneo, cerca a sua volta di risolvere la sua. Si tratta della Spagna, uscita dalle urne con il PSOE vincitore, ma costretto a trovare alleati per la formazione del governo.

Pedro Sánchez, il segretario del partito uscito vincente dalle urne, non riesce però a reperirli, a causa dell’opposizione del movimento di sinistra populista Podemos. Presentatosi di fronte al Parlamento iberico per la cerimonia di investitura, Sanchez è stato praticamente stoppato dalla mancanza del numero di deputati necessari per avere la fiducia e ha ora a disposizione 60 giorni prima di essere costretto a gettare la spugna. In questo caso le sue dimissioni consegnate nelle mani del re di Spagna potrebbero condurre il Paese alle quarte elezioni nel giro di quattro anni, rendendo ancora più complicata la situazione, anche in considerazione del fatto che una nuova tornata elettorale potrebbe risolversi in un ulteriore nulla di fatto. Con riflessi di non poco conto anche sulla tenuta dell’Unione Europea.