I consumi degli asset digitali sono eccessivi? Sì, no, forse…

I consumi degli asset digitali sono eccessivi? Sì, no, forse… - bitcoin price

Nel corso degli ultimi mesi è tornata prepotentemente d’attualità la questione ambientale. La spinta di Greta Thunberg e del suo sciopero contro il riscaldamento globale ha riportato sotto la lente di ingrandimento dell’opinione pubblica un problema che i governi non sono mai riusciti a risolvere, chiusi in un’ottica iperproduttivistica, in cui lo sfruttamento del territorio, costi quel che costi, ha un ruolo assolutamente centrale.
Anche il settore delle criptovalute è entrato nella discussione, anche se di straforo. Gli asset digitali, infatti, sono accusati di consumi eccessivi, soprattutto sotto forma di energia elettrica necessaria per il mining. L’accusa, però, è probabilmente eccessiva, alla luce di alcune considerazioni.

Il mining è energivoro?

Un recente studio dell’università delle Hawaii, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Climate Change, afferma che entro il 2033 le attività di estrazione dei Bitcoin e delle ormai migliaia di Altcoin presenti sul mercato potrebbero condurre la temperatura globale ad una crescita di due gradi centigradi. L’uso del condizionale è legato alla constatazione che attualmente non è possibile prevedere la rapidità con cui le criptovalute sapranno diffondersi in questo lasso di tempo. Nella peggiore delle ipotesi, tale crescita andrebbe a vanificare gli accordi presi nel corso degli ultimi anni, a partire da quello di Parigi, sforando ampiamente i limiti fissati.
A confermare il dispendio di energia collegato all’attività di calcolo necessaria per estrarre i blocchi c’è poi un altro studio, il Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index, realizzato dal centro di ricerca Centre for Alternative Finance del celebre ateneo inglese, il quale fissa a circa 77 terawattora annui il consumo cumulato dalla rete chiamata a supportare il Bitcoin.

Il mining è dispendioso, ma…

Se si considera che il consumo annuo di energia elettrica dell’intera Svizzera si attesta a circa 57 terawattora ogni 12 mesi, possiamo concludere che le criptovalute sono dispendiose in termini energetici. Occorre però capire quanto, e qui il discorso si fa notevolmente più complesso. Soprattutto se si raffronta questo dato a quello relativo al consumo annuo dei dispositivi elettrici lasciati perennemente accesi, anche nella loro fase di inattività, nelle abitazioni degli Stati Uniti, che è in pratica tre volte più alto.
L’ultimo dato da prendere in considerazione può forse riuscire a dare un’idea più compiuta sui termini reali della questione. In pratica, infatti, il consumo necessario a BTC equivale allo 0,36% di quello annuo a livello globale. Possiamo quindi anche pensare di eliminare le criptovalute, ma ai fini della risoluzione della questione ambientale non servirebbe praticamente a nulla, ove non si proceda ad interventi su attività che sono estremamente più energivore e in grado di impattare molto più negativamente sull’ecosistema.
Naturalmente, anche gli asset digitali potrebbero provare a fare la loro parte nella lotta al riscaldamento globale. A conferma di questa asserzione non resta che citare la scarsa efficienza del Bitcoin rispetto ad altre forme di pagamento, dimostrata dal fatto che una singola transazione con la criptovaluta più famosa consuma la stessa quantità di energia necessaria a 400mila transazioni effettuate utilizzando la carta di credito. Un dato su cui riflettere con estrema attenzione.