L’Iran sospende la fornitura di elettricità per il mining

L’Iran sospende la fornitura di elettricità per il mining - Mining Bitcoin

L’Iran ha deciso di sospendere l’erogazione di energia elettrica agli impianti dedicati al mining di criptovalute, almeno sino a quando non verranno approvate nuove tariffe energetiche.
Ad affermarlo è stata l’agenzia di stampa locale Iran Daily in una nota che è stata pubblicata il 24 giugno. Una misura che sarebbe dovuta in particolare all’impennata dei consumi su base mensile, con una crescita del 7% rivelata da un esponente del Ministero dell’Energia iraniano, Mostafa Rajabi Mashhadi. Un aumento che gli esperti non hanno esitato ad attribuire proprio alla sempre più intensa attività di mining che avviene nel Paese mediorientale, cui ora il governo sembra intenzionato a porre riparo.

Il boom del mining in Iran

Va peraltro sottolineato come il governo iraniano abbia adottato ormai da tempo un orientamento di apertura verso gli asset digitali, testimoniato dalla decisione di favorire il mining, presa nel settembre del 2018. Una decisione da cui il Paese ha tratto vantaggio se si considera che Teheran versa su base annuale circa 1 miliardo di dollari in sussidi al fine di andare a colmare il divario tra i costi reali dell’elettricità e quello invece addebitato ai consumatori. Uno sconto di cui hanno saputo approfittare in particolare i miner di criptovalute, con un notevole aumento dell’attività all’interno dei confini nazionali.
Ora però, la situazione potrebbe mutare radicalmente, in quanto il governo sta esaminando la possibilità di calcolare le bollette di chi fa mining applicando le tariffe riservate a chi esporta energia. Un orientamento il quale era già stato esplicitato il passato 9 giugno dal vice Ministro dell’Energia, il quale potrebbe presto tramutarsi in realtà.

Le preoccupazioni sul mining

La decisione di Teheran non stupisce gli osservatori più attenti, ormai da tempo pronti a sottolineare come si tratti di un’attività da controllare attentamente. In base ad un rapporto elaborato  da PowerCompare, una piattaforma britannica che si occupa di comparare le tariffe energetiche, la quantità media di elettricità che è stata usata nel corso del 2017 al fine di minare Bitcoin è stata superiore ai consumi energetici annuali medi di ben 159 nazioni. Si tratta infatti di 30,14 terawattora (TWh), ben 9 più di quelli che costituiscono il consumo energetico annuale medio dell’Irlanda. Numeri che iniziano a destare una certa paura, considerato come sino a qualche anno fa per minare BTC fosse sufficiente un buon computer, mentre ora occorre utilizzare migliaia di macchine nelle cosiddette server farm.

La criptovaluta iraniana

Va comunque considerato come per l’Iran quello del mining possa essere considerato un problema almeno per ora secondario e non tale da influenzare la decisione presa dalle autorità per il varo di una divisa digitale cui sarebbe affidato il compito di aggirare l’embargo statunitense attivato dopo la decisione di Washington di ritirarsi dall’accordo sul nucleare, aprendo la strada ad un nuovo periodo di instabilità.
Una decisione la quale ha ricalcato la strada intrapresa dal Venezuela con il suo Petro, ma fondata su una blockchain privata che sarà gestita dalla banca centrale di Teheran, per effetto della quale non sarà necessaria l’attività di estrazione tipica del mining.