Sono raddoppiate le indagini sulle criptovalute

Sono raddoppiate le indagini sulle criptovalute - bitcoin atm

Com’è noto, sulle criptovalute esistono non pochi timori collegati al loro rappresentare uno strumento ideale per l’economia criminale. Secondo molte autorevoli voci del mondo finanziario la loro ricerca dell’anonimato si presterebbe perfettamente alle esigenze di chi vuole magari ripulire capitali di dubbia provenienza, oppure dare vita a transazioni legate a traffici illegali o al terrorismo. Pareri che sono spesso contrastati da personalità del mondo accademico, ma che trovano conferma in alcuni fatti da tenere in debita considerazione, a partire dal fatto che molte attività del Dark Web vedono l’effettuazione di pagamenti in divise virtuali.

Le autorità di vigilanza hanno raddoppiato le indagini sulle monete digitali

Ad ennesima conferma dei sospetti gravanti sugli asset digitali è arrivata di recente la notizia secondo la quale nel corso dell’ultimo anno sarebbero più che raddoppiati i controlli e le ispezioni su di essi da parte delle autorità di vigilanza nazionali. A darla è stata l’Unità di Informazione Finanziaria (UIF), organismo istituito nel 2008 all’interno della Banca d’Italia in conformità con le regole e i criteri internazionali, i quali prevedono in ogni Stato la presenza di una Financial Intelligence Unit (FIU) dotata di piena autonomia operativa e gestionale, cui spetta la funzione fondamentale di coordinare le attività di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. Il Rapporto annuale 2018 pubblicato all’inizio dell’estate ha infatti segnalato la vertiginosa crescita del numero delle segnalazioni relative ad operazioni sospette, con un importo complessivo che è andato a rasentare quota 100 milioni di euro.
Altro dato interessante è poi quello relativo alle controparti interessate nelle operazioni esaminate, circa un centinaio di exchange, tra i quali, però, in appena 9 di essi sarebbe concentrato il 77% degli importi oggetto di scambio.

Non sempre si tratta di operazioni sospette

Se ad una prima occhiata il dato sembrerebbe confermare i timori di cui si parlava all’inizio, va però sottolineato un altro dato, quello relativo al fatto che nella maggioranza dei casi la segnalazione non era fondata su un preciso e circostanziato sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, bensì su profili derivanti piuttosto dall’incertezza collegata alla scarsa o addirittura mancante regolamentazione giuridica della materia. La stessa Uif ha inoltre rilevato come in diverse segnalazioni i motivi di sospetto erano riconducibili al collegamento con illeciti penali, come il reimpiego dei proventi di attività commerciali non dichiarate, phishing, tentativi di schemi piramidali, traffici impostati su carte clonate, di truffe o frodi informatiche e ransomware, ovvero le estorsioni online che vedono la richiesta di riscatto in criptovalute.

La FCA conferma il trend

Un trend, quello legato all’aumento delle indagini legate ad attività sospette che vedono protagoniste le criptovalute, il quale trova conferma nei dati raccolti dallo studio legale londinese Pinsent Masons, secondo il quale la FCA (Financial Conduct Authority), principale organo di regolamentazione finanziaria del Regno Unito, avrebbe indagato su 87 casi nell’ultimo anno. Nel 2018 essi erano 50, con un aumento quindi del 74%. Lo stesso studio ha accolto positivamente la notizia, affermando che questo approccio permette l’eliminazione dal mercato dei soggetti cattivi, contribuendo in tal modo alla sua trasparenza e, di conseguenza, alla sua crescita.