Anche Steven Mnuchin si pronuncia contro Libra

Anche Steven Mnuchin si pronuncia contro Libra - Steven Mnuchin

Per Libra sembra allontanarsi sempre di più l’obiettivo di esordire sui mercati nel 2020. Dopo le esternazioni di Donald Trump e Jerome Powell, ovvero Casa Bianca e Fed, ora anche il Segretario del Tesoro degli Stati Uniti, Steven Mnuchin, si è pronunciato in maniera estremamente critica nei confronti della criptovaluta di Facebook.

Un parere che dalle parti di Menlo Park dovrà essere tenuto in considerazione non meno degli altri, proprio perché fondato su questioni attinenti alla sicurezza nazionale, una tematica che negli Stati Uniti è considerata della massima importanza.    

Le parole di Mnuchin

Secondo Mnuchin, Libra potrebbe rivelarsi un efficace strumento per l’economia criminale. Una deduzione derivante dal fatto che già alcune divise virtuali, a partire dal Bitcoin, sono state e sono sfruttate al fine di sostenere traffici illeciti per miliardi di dollari, in particolare per evadere il fisco, dare vita a crimini informatici, estorsione, traffico di droga ed esseri umani e ransomware. Parole le quali hanno riportato alla mente quelle pronunciate dal finanziere Davide Serra, il fondatore di Algebris, uno dei primi ad accusare senza tanti giri di parole gli asset digitali di rappresentare in pratica una vera e propria lavanderia di soldi sporchi.

A questa accusa si è poi aggiunta quella relativa alla possibilità che Libra potrebbe contribuire, insieme alle altre valute virtuali, a destabilizzare l’attuale sistema finanziario, un parere sempre più veicolato dalle istituzioni politiche. Un’opera di destabilizzazione derivante proprio dal fatto che la stablecoin di Facebook si presenterebbe con una maschera ingannevole, quella di un asset decentralizzato, quando invece proprio la centralizzazione al servizio delle grandi compagnie sarebbe il suo vero marchio di fabbrica.

Una leggenda metropolitana?

Quanto detto da Mnuchin, però, sembra essere decisamente smentito da un report che è appena stato pubblicato da Messari, secondo il quale per ogni dollaro speso nel Dark Web in BTC ce ne sarebbero non meno di 800 reali utilizzati per ripulire capitali di dubbia provenienza. Un dato inequivocabile, il quale sembra indicare come in realtà le accuse alle criptovalute siano dovute a ben altro che non alle preoccupazioni verso la loro supposta utilità per le attività criminali.

Lo studio di Messari, inoltre, provvede a smentire anche le preoccupazioni relative alla possibilità che le criptovalute possano rappresentare un elemento di alterazione rispetto agli equilibri finanziari esistenti. A dimostrare l’insussistenza di questa possibilità è un semplice dato, quello che risulta confrontando l’incremento del bilancio della Fed, in miliardi di dollari, dal 2009 ad oggi, con il corrispettivo valore dei BTC che sono stati minati nello stesso periodo: il bilancio della Fed in questo decennio è lievitato di quasi 1.700 miliardi di dollari, mentre il volume in dollari dei BTC creati nello stesso arco temporale si posiziona ad appena 12 miliardi.

Dati tali da spingere molti osservatori a bollare come assolutamente esagerate le preoccupazioni espresse da Mnuchin, almeno per il momento. Intanto, però, da più parti si mette in rilievo come il fuoco di sbarramento messo in campo dalla politica desti notevole preoccupazione nel management di Facebook, tanto da spingerlo a collaborare con le istituzioni.