Jeremy Allaire, CEO di Circle, invoca una regolamentazione delle monete virtuali

Il tema di una regolamentazione delle criptovalute è sempre all’ordine del giorno. L’ultimo a pronunciarsi in ordine di tempo al proposito è stato Jeremy Allaire, fondatore e CEO di Circle, la nota applicazione che permette di trasferire denaro in ogni parte del mondo, senza dover pagare commissioni. Il suo post, pubblicato il 20 maggio sul blog ufficiale della compagnia, è molto interessante, proprio perché arriva all’indomani della decisione presa da Poloniex, il noto exchange che si muove nell’orbita di Circle Internet Financial, di rimuovere nove coin dalla lista di quelle disponibili per i clienti nordamericani.

Cosa ha detto Allaire?

Il  post di Allaire parte dall’affermazione che gli asset digitali rappresentano una nuova classe di strumenti finanziari e in quanto tali non dovrebbero essere considerati security, merci o valute. Una affermazione di non poco conto se si pensa che la SEC (Securities and Exchange Commission), ovvero l’autorità chiamata a vigilare e regolare le transazioni finanziarie negli Stati Uniti è in pratica costretta a sviluppare le sue linee guida sulle valute virtuali, etichettandole alla stregua di security.
In pratica secondo Allaire le leggi attuali, proprio perché partono da una premessa sballata, non sarebbero in grado di affrontare in maniera adeguata la questione degli asset digitali, quando invece sarebbe necessaria una regolamentazione in grado di dare sicurezza agli investitori e ai mercati.

Un tema molto controverso

Le dichiarazioni di Allaire sono naturalmente destinate a rilanciare una questione che continua a rimanere sullo sfondo, ovvero quella dei rapporti tra un settore nato per decentralizzare il sistema bancario e finanziario e le istituzioni non solo monetarie, ma anche politiche.
Un tema che ha visto nel corso degli ultimi mesi molti governi prendere posizione, spesso denotando evidente fastidio verso il fenomeno delle divise virtuali, ma anche dando luogo ad aperture di non poco conto.

Per quanto riguarda le seconde vanno ricordate in particolare quelle di Russia e Corea del Sud. Nel primo caso è stato Putin a ordinare l’imposizione di regole in grado di promuovere lo sviluppo di un’economia digitale entro il primo luglio di quest’anno. Ad affermarlo è stato un documento pubblicato sul portale governativo in rete Kremlin.ru, svelando quindi un orientamento sempre più favorevole alle criptovalute che è peraltro stato confermato da Igor Yusufov, ex ministro dell’energia, il quale nel mese di febbraio aveva affermato l’intenzione della Duma di Stato di realizzare una moneta digitale basata sul petrolio.
Nel caso di Seul, invece, si è trattato di un vero e proprio mutamento di prospettiva, se si pensa che la Corea del Sud per lungo tempo ha mostrato un certo fastidio verso le cryptocurrency.

Nella seconda parte del 2018, invece, il governo asiatico ha iniziato a muoversi di concerto con le autorità finanziarie locali al fine di pianificare l’approvazione di una legislazione tesa non solo a legittimare le criptovalute e la tecnologia Blockchain del Paese, ma anche a sorvegliare rigorosamente l’intero settore.

La contrarietà della Cina

Sul fronte dei contrari sono invece da registrare le posizioni della Cina, sempre più decisa a mettere al bando il mining di criptovalute, considerato troppo dispendioso da un punto di vista puramente energetico nonostante il basso costo dell’energia elettrica nel Paese.

Ad affermarlo è stato di recente il South China Morning Post, secondo il quale a porre il bando sarebbe la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme (NDRC), la quale considera il mining non solo poco sicuro, ma anche dannoso per l’ambiente e troppo dispendioso in termini di consumo energetico.

Una decisione la quale potrebbe mettere in ginocchio il colosso delle apparecchiature elettroniche dedicate al mining Bitmain Technologies, che ne produce il 70% a livello globale, costringendolo a trasferirsi all’estero insieme alle consorelle. Un evento che secondo gli analisti potrebbe creare nuovi equilibri finanziari a livello internazionale.