La BCE sui benefici collegati alle CBDC

Come è ormai noto, uno dei presupposti su cui si fondano le criptovalute è la decentralizzazione, ovvero il fatto che la rete su cui esse sono destinate a girare sia assolutamente libera da vincoli istituzionali. Un principio che risponde ad esigenze di democratizzazione degli asset valutari la quale fa paura proprio alle autorità monetarie e politiche. Una paura che ha spinto molti governi in questi anni a cercare di contrastare in ogni modo lo sviluppo del settore, anche per i timori che esso possa rivelarsi il cavallo di Troia per lo sviluppo di una economia illegale e il riciclaggio di fondi illeciti. Una accusa mossa da importanti attori della scena finanziaria e condivisa da molti esperti di cybersecurity, cui hanno però sempre ribattuto gli alfieri degli asset digitali, asserendo invece la totale sicurezza del quadro predisposto. In particolare, secondo i fautori delle valute virtuali, se è vero che le transazioni garantiscono la privacy, impediscono però che i capitali mossi al loro interno non siano tracciabili.
Se quindi le criptovalute decentralizzate sono osservate con notevole timore dagli ambienti istituzionali e bancari, è invece visto con notevole favore l’approccio che vorrebbe gli asset digitali distribuiti e regolamentati dalle banche centrali. I CBDC potrebbero in effetti rivelarsi uno strumento aggiuntivo in grado di rendere più rapide e veloci le transazioni, senza sfuggire al radar delle istituzioni e delle normative da esse approntate. Come dimostra il parere espresso di recente da Vitas Vasiliauskas, Presidente del Consiglio d’Amministrazione della Bank of Lithuania e membro del Consiglio Direttivo della BCE.

Il parere di Vasiliauskas: vantaggi e svantaggi

Le parole di Vasiliauskas sono state pronunciate nel corso della conferenza Reinventing Bretton Woods Committee, all’interno di un intervento, intitolato “Managing the Soft Landing of the Global Economy”, menzionato a sua volta in un resoconto recentemente pubblicato dalla Bank of International Settlements.
Un intervento in cui  Vasiliauskas, ha inteso affermare che le CBDC dovrebbero essere utilizzate alla stregua di uno strumento di scambio, come metodo di pagamento e riserva di valore, ovvero proprio quelle che sono le qualità che caratterizzano il denaro delle banche centrali. Un parere motivato dai vantaggi che un’impostazione di questo genere potrebbe arrecare al sistema monetario e bancario sotto forma di un notevole incremento dell’efficienza nei pagamenti e nel regolamento dei titoli azionari, oltre alla possibile riduzione dei rischi collegati alla liquidità.
A questo paniere di vantaggi lo stesso Vasiliauskas ha affiancato alcuni svantaggi che dovrebbero essere posti sull’altro piatto della bilancia, ovvero un incremento del livello di esclusione finanziaria derivante dal fatto che  in alcuni Paesi, la quantità di denaro contante in circolazione è in fase di continua diminuzione. Un fenomeno il quale, almeno a livello teorico, potrebbe sfociare infine nella decisione da parte di ogni singolo cittadino di utilizzare un conto acceso presso una entità privata, proprio per poter effettuare i suoi pagamenti. Una ipotesi indigesta per i canali ufficiali al pari della decentralizzazione di cui si fanno promotori i gruppi di sviluppo delle divise digitali. Proprio per questo motivo Vasiliauskas si proclama favorevole ad una CBDC gestita proprio dalla BCE, cui sarebbe affidato il compito di garantire ai cittadini un accesso diretto al denaro della banca centrale, apportando effetti positivi sulla stabilità finanziaria nel lungo periodo.

La BCE e gli asset digitali

Le parole in questione dimostrano comunque come anche la Banca Centrale Europea si stia interrogando sul fenomeno rappresentato dalla tecnologia Blockchain e sugli aspetti collegati all’affermazione delle monete virtuali.
A tal proposito va ricordato come lo stesso Mario Draghi si sia recentemente espresso in maniera non molto lusinghiera verso le cryptocurrency, ricordandone il notevole livello di rischio derivante dal fatto di essere nulla di più che titoli finanziari, un livello elevato soprattutto se rapportato alle certezze assicurate da una moneta reale come l’Euro. Una affermazione che del resto era stata preceduta dalle dichiarazioni rilasciate un anno fa nel corso dell’iniziativa #AskDraghi promossa dalla BCE, quando comunque il Governatore aveva escluso la possibilità di un intervento contro il Bitcoin, nonostante le accuse provenienti da più parti contro la moneta virtuale attribuita a Satoshi Nakamoto tendenti a bollarla come uno strumento meramente speculativo.
Nel corso dello stesso evento sempre Draghi aveva peraltro cercato di articolare il suo intervento mostrando invece interesse proprio per la tecnologia Blockchain, affermando di ritenerla uno strumento in grado di rafforzare l’economia, anche se ancora non del tutto sicura.
La stessa BCE, a sua volta, ha di recente affermato tramite fonti interne come le divise virtuali non andranno ad influenzare in alcun modo le proprie politiche monetarie, non rappresentando almeno al momento un elemento significativo nell’economia globale.