L’Iran è pronto a puntare forte sul mining?

L’Iran è pronto a puntare forte sul mining? - Teheran

Continua ad essere serrata, in Iran, la discussione sugli asset digitali. Dopo aver deciso di sospendere le forniture di energia elettrica agli utenti che la utilizzavano per le attività di calcolo necessarie per l’estrazione delle monete virtuali, le autorità del Paese mediorientale sembrano ora essere giunte a conclusioni tali da prefigurare un ambiente sempre più favorevole alle attività legate all’industria delle criptovalute, almeno stando alle ultime notizie provenienti da Teheran.

La decisione della Camera di Commercio, Miniere e Agricoltura

Ci sono volute quasi due settimane per arrivare ad una decisione, ma sembra proprio che per il crypto minig la strada in Iran sia ormai spianata. A decidere in tal senso è stata la Camera di Commercio, Miniere e Agricoltura iraniana, il 22 luglio, affermando come l’industria di estrazione delle criptovalute non debba essere fermata, bensì regolamentata al fine di garantire benefici all’economia della regione.  
La questione era scoppiata a seguito della decisione del governo di Teheran di non fornire più energia elettrica destinato al mining, in attesa di una ridefinizione delle tariffe. Una decisione presa dopo aver constatato un aumento nell’ordine del 7% nei consumi del Paese, attribuito senza esitazioni proprio ai miners e seguita dalla confisca di due farm nella provincia di Yazd.
Va comunque sottolineato come la decisione non sia ancora ufficiale, tanto da spingere Abdolnaser Hemmati, governatore della Banca Centrale dell’Iran, ad affermare che essa dovrà comunque passare al vaglio del governo ed essere ribadita dalla commissione economica del Paese. Secondo gli osservatori è però da ritenere altamente improbabile una sconfessione della linea adottata, mentre rimane sul tappeto il discorso legato alla ridefinizione delle tariffe energetiche da applicare alle farm, prima che esse possano tornare ad operare a pieno regime.

Iran e criptovalute

La decisione sul mining è stata interpretata come il primo passo verso la definizione di un ecosistema assolutamente favorevole all’industria degli asset digitali. La sua importanza, peraltro, va ben oltre la questione delle tariffe elettriche, ma investe anche il discorso relativo alla possibilità che anche Teheran proceda sulla strada di una sua moneta virtuale. Una possibilità vista come la migliore risposta alle sanzioni economiche decise da Donald Trump che stanno strangolando l’economia del Paese e di cui si vocifera già da tempo.
A tal proposito va sottolineato come la zona mediorientale si dimostri sempre più ricettiva nei confronti delle criptovalute, spingendo di conseguenza anche Teheran a cercare di non ostacolare troppo un settore che comunque tende a riprodursi anche in maniera non ufficiale e senza il sostegno istituzionale. In pratica il governo ritiene che sia del tutto inutile opporsi all’utilizzo di asset digitali che poi potrebbero dare vita ad un traffico sotterraneo. Molto meglio cercare di governare i processi e preparare magari la strada ad una criptovaluta di Stato in grado di bypassare i problemi economici creati dall’embargo statunitense.
Inoltre occorre considerare che la posizione di crocevia del Paese sta per essere neutralizzata dalla decisione della Cina di dare via alla nuova Via della Seta, che potrebbe rivelarsi un danno per l’Iran. Altro motivo che spiega il nuovo atteggiamento nei confronti delle cryptocurrency.